«L’integrazione e la partecipazione ossessionano – scriveva Henri Lefebvre – chi sopravvive tra i frammenti della società possibile e le rovine del passato: esclusi dalla città, alle porte dell’urbano». L’immagine evocata dal filosofo francese rimanda a una condizione propria della città contemporanea, le cui “porte” sono oggi disseminate e inglobate nel tessuto. L’urbano cresce, portando con sé le conflittualità del vivere nella metropoli. È il caso anche di San Paolo, la cui espansione continua ad essere causa e conseguenza del diffondersi di agglomerati informali. Ciò ha determinato un’implementazione dei piani di intervento e dunque un incremento delle sperimentazioni architettoniche, il più delle volte tese a densificare – con realizzazioni a sviluppo verticale – queste labirintiche e ipertrofiche realtà. Al contempo, in esse, la scelta di una “compressione” abitativa ha consentito di decongestionare l’intorno, riconsiderando la relazione tra città, nuova costruzione ed esistente informale (la favela). Contestualizzati nella realtà urbano-architettonica paulista, il contributo presenta alcuni progetti e metodologie di intervento significativi, analizzati secondo l’opinione che si operi in territori di confine, al limite tra pianificazione e atto spontaneo, regola ed eccezione, quest’ultima, a sua volta, reiterata come prassi. Si intende così riflettere sulla “densificazione di contatto”, vale a dire su modelli di abitare posti abilmente in corrispondenza di punti di flesso di immaginarie curve urbane, per le quali al cambio di concavità corrisponde una mutazione della condizione umana. Il testo sarà l’occasione per ragionare su come abitare o riabitare il confine tra mondi che, con codici diversi, connotano la capitale paulista, su come ridisegnare il limite e ricreare una continuità spaziale, nonché su come trasformare parti di un sistema precario: un’operazione ai cui estremi si individua la “costruzione del vuoto” (lo spazio pubblico) e la “costruzione della casa” (lo spazio privato). Ai progetti “di confine” se ne affiancheranno anche altri, in particolare quelli tesi a ridefinire la quadra (isolato) paulista, a renderne chiaramente leggibili i confini, ma anche gli accessi e gli attraversamenti, al fine di mettere ordine nell’imprevedibilità dell’appropriazione che connota la favela e riequilibrare il rapporto tra costruito e intorno, sia esso antropizzato o naturale. Entrambi gli approcci sono qui considerati “innesti di urbanità”, per la loro capacità di dare impulso ad un miglioramento dell’area. Non sempre i progetti si distinguono per sperimentazione compositiva e tipologica: il valore risiede nella strategia di impianto e nella concretezza delle scelte, in relazione al contesto. Nel panorama brasiliano, emergono in particolare le pratiche di Héctor Vigliecca: il suo lavoro rappresenta un riferimento imprescindibile qualora si ragioni sulla dimensione urbana dell’abitare in realtà informali. A partire dalla definizione delle sue strategie d’intervento, come per Morar Carioca, e dalla conversazione tenuta dall'autrice con l’architetto a San Paolo, si presentano alcuni progetti, approfonditi secondo la convinzione di Vigliecca che «l’abitazione deve essere sempre direttamente legata alla struttura della città come un tutto leggibile e indissolubile, sia esso urbano o suburbano».

Ricomporre il territorio informale. Strategie per abitare le favelas di San Paolo / Sarno, Francesca. - In: L'INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI. - ISSN 0579-4900. - 472(2020), pp. 116-121.

Ricomporre il territorio informale. Strategie per abitare le favelas di San Paolo

SARNO, FRANCESCA
Primo
2020

Abstract

«L’integrazione e la partecipazione ossessionano – scriveva Henri Lefebvre – chi sopravvive tra i frammenti della società possibile e le rovine del passato: esclusi dalla città, alle porte dell’urbano». L’immagine evocata dal filosofo francese rimanda a una condizione propria della città contemporanea, le cui “porte” sono oggi disseminate e inglobate nel tessuto. L’urbano cresce, portando con sé le conflittualità del vivere nella metropoli. È il caso anche di San Paolo, la cui espansione continua ad essere causa e conseguenza del diffondersi di agglomerati informali. Ciò ha determinato un’implementazione dei piani di intervento e dunque un incremento delle sperimentazioni architettoniche, il più delle volte tese a densificare – con realizzazioni a sviluppo verticale – queste labirintiche e ipertrofiche realtà. Al contempo, in esse, la scelta di una “compressione” abitativa ha consentito di decongestionare l’intorno, riconsiderando la relazione tra città, nuova costruzione ed esistente informale (la favela). Contestualizzati nella realtà urbano-architettonica paulista, il contributo presenta alcuni progetti e metodologie di intervento significativi, analizzati secondo l’opinione che si operi in territori di confine, al limite tra pianificazione e atto spontaneo, regola ed eccezione, quest’ultima, a sua volta, reiterata come prassi. Si intende così riflettere sulla “densificazione di contatto”, vale a dire su modelli di abitare posti abilmente in corrispondenza di punti di flesso di immaginarie curve urbane, per le quali al cambio di concavità corrisponde una mutazione della condizione umana. Il testo sarà l’occasione per ragionare su come abitare o riabitare il confine tra mondi che, con codici diversi, connotano la capitale paulista, su come ridisegnare il limite e ricreare una continuità spaziale, nonché su come trasformare parti di un sistema precario: un’operazione ai cui estremi si individua la “costruzione del vuoto” (lo spazio pubblico) e la “costruzione della casa” (lo spazio privato). Ai progetti “di confine” se ne affiancheranno anche altri, in particolare quelli tesi a ridefinire la quadra (isolato) paulista, a renderne chiaramente leggibili i confini, ma anche gli accessi e gli attraversamenti, al fine di mettere ordine nell’imprevedibilità dell’appropriazione che connota la favela e riequilibrare il rapporto tra costruito e intorno, sia esso antropizzato o naturale. Entrambi gli approcci sono qui considerati “innesti di urbanità”, per la loro capacità di dare impulso ad un miglioramento dell’area. Non sempre i progetti si distinguono per sperimentazione compositiva e tipologica: il valore risiede nella strategia di impianto e nella concretezza delle scelte, in relazione al contesto. Nel panorama brasiliano, emergono in particolare le pratiche di Héctor Vigliecca: il suo lavoro rappresenta un riferimento imprescindibile qualora si ragioni sulla dimensione urbana dell’abitare in realtà informali. A partire dalla definizione delle sue strategie d’intervento, come per Morar Carioca, e dalla conversazione tenuta dall'autrice con l’architetto a San Paolo, si presentano alcuni progetti, approfonditi secondo la convinzione di Vigliecca che «l’abitazione deve essere sempre direttamente legata alla struttura della città come un tutto leggibile e indissolubile, sia esso urbano o suburbano».
2020
favelas; megalopoli; spazio pubblico; spazio privato; continuità spaziale; Biselli Katchborian Arquitetos; Escritório Paulistano Arquitetura; Héctor Vigliecca; Brasile
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Ricomporre il territorio informale. Strategie per abitare le favelas di San Paolo / Sarno, Francesca. - In: L'INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI. - ISSN 0579-4900. - 472(2020), pp. 116-121.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1556070
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